05 gennaio 2007

...CORSI E RICORSI ... ... A SALERNO ARRIVAI !!!


Correva l’anno 1614, quando Vincenzo Braca, poeta umorista, conosciuto come “Vrachetta” scrisse:

"Quanno era 'o Capodanno anticamente
solea scendere 'a gente cavajola c' 'o tammurro e co 'a viola a fa alleria
n' 'e case e miezz' 'a via dintro Saijerno,
onorando 'o Covierno a sauza bona,
cercanno a ogni persona a fronte aperta alleramente nferte e i veveraggi […]

Ebbene già in epoca medievale i cavesi erano soliti scendere, nelle festa di Capodanno, a Salerno e negli altri borghi vicini.
Al tempo, però, a spingere “‘a gente cavajola” in terra straniera era la loro arte di satireggiare, grazie alla quale dilettavano il pubblico con filastrocche e rime, traendone danaro, cibarie e buon vino.
Così i cavesi esportarono questa tradizione, frutto di un atavico senso dell’umorismo, fino a Napoli, quando alla Corte degli Aragonesi occupavano i più alti gradi della magistratura e della diplomazia.
Crebbe poi tanto il fascino delle farse cavajole che dalla capitale del Regno si propagarono dapprima in tutta Italia, poi valicarono i confini fino a lasciar tracce alla Corte di Baviera.
Conseguentemente tali farse sono da ritenere all’origine della Storia del Teatro Comico Italiano.
Nella tradizione popolare però quella grossa piacevolezza con la quale i cavajoli furono soliti di satireggiare si ritorse contro di loro, e poiché nelle loro farse i cavesi facevano contemporaneamente da attori e da personaggi fu facile ai nemici e agli invidiosi delle loro fortune confondere ed unificare i ruoli affibbiando a satira contro i cavesi quella che era una loro arte. Ed i nemici dei cavesi si trovavano un po’ dovunque non solo a cagione della loro intraprendenza cavajola ma anche a causa dei privilegi e degli antichi contrasti campanilistici.

Dunque, essendo le antiche farse cavajole del tipo delle improvvise, cioè non avendo un testo prestabilito ma solo una traccia sulla quale gli attori intessevano, secondo le circostanze, le battute trasmesse da generazione a generazione verbalmente, ed essendone pervenute a noi dei testi soltanto nelle opere manoscritte dal Braca, si è finito per ritenere che quelle del Braca fossero le vere farse Cavajole e che la paternità di questo genere letterario andasse attribuita ad altri.
Il “Vrachetta”, naturalmente, si guardò bene dal precisare che molte delle sue opere fossero “fedelmente ispirate” dai canovacci delle antiche cavajole.

Per quel che si sa il Braca, nato a Salerno, nonostante fosse di madre cavese e avesse trascorso a Cava buona parte della sua fanciullezza e giovinezza ce la aveva a morte con la “gente cavajola”. Li detestava tanto che essendo egli morto in Napoli per mano assassina fu per alcuni facile addebitare l’assassinio a vendetta dei cavesi.

I suoi versi, sopra citati, continuano

…Ma da po che personaggi nce so’ stati
gregi et honorati dintro a Cava,
comme prima se sprezzava, mo sta tuono
e non te fa chiù ‘ o suono o porta ‘a cima
de lauro, e come prima i sciusci canta.

e sono mirati a canzonare la trasformazione dei cavesi da popolo di tessitori e artisti di opere murarie in mercanti arricchiti, ma anche in tal caso, potremmo dire il nostro autore è arrivato secondo. Gli stessi cavajuoli, infatti, consapevoli delle invidie che attiravano, e grazie alla loro spiccata ironia avevano già adottato l’argomento come traccia delle loro stroppole e filastrocche.
Siamo, dunque, nel Quattrocento, periodo in cui i contrasti, soprattutto tra Cava e Salerno, ebbero il loro culmine. In realtà l’inimicizia fra le due città è ancora più profondamente radicata nella storia.

E’ molto probabile che le divergenze fossero nate tra il decimo ed undicesimo secolo. Al tempo gli abitanti della valle metelliana soffrivano della condizione di vassallaggio dei principi longobardi nonostante, affacciandosi al mare con Marcina (l’odierna Vietri sul mare)fossero, attraverso i monaci benedettini, validi commercianti marittimi.
Da qui nacque, anche, l’astio con gli amalfitani in quanto, i benedettini non facevano che ripercorrere le vie già battute dalla Repubblica marinara.
Una data storica per la rivalità tra Cava e Salerno è il 26 luglio 1290, quando delle controversie per alcune nomine di giudici e notai si trasformarono in rissa. Alcuni anni dopo i salernitani chiesero la solidarietà alla stessa Amalfi per altre situazioni di contrasto, pur sempre legate alle attività commerciali e alle invidie delle ricchezze accumulate nei commerci dei cavesi.

Con Ferrante I ed il privilegio della pergamena in bianco (6 settembre 1460) , si acuisce l’invidia dei Salernitani.
Ad onta del disfacimento del Regno sotto Ferrante II, e dell’invasione di Carlo VIII per il grande tradimento dei baroni Napoletani passati al francese; ad onta dell’occupazione spagnola con la conseguente fine della monarchia indipendente; ad onta di tutto insomma Cava continuava a conservare i suoi privilegi commerciali; e di conseguenza a scontrarsi con Salerno: la cui fiera di San Matteo veniva addirittura minacciata dall’invadenza cavese. Questo spiega le mire di Don Ferrante Sanserverino, principe di Salerno, sull’antica città abbaziale, e l’odio stesso dei cavajuoli per il potente feudatario: essi conservavano una loro coscienza comunale ch’era antica e che diventava, a quei tempi d’ involuzione politica, una forza da contendere disperatamente a chiunque avesse voluto approfittarne.
Fra Salerno, Cava ed anche Amalfi , tutti e tre centro di traffici commerciali e culturali, i rapporti non sono mai stati amichevoli. Le ostilità continueranno nel Cinquecento e nel Seicento fino ai nostri giorni.

L'INVIATA SPECIALE
FRIDAYS GIRL

Lucy May

4 commenti:

Al Mukawama ha detto...

video salernitana-cavese
su www.ioresisto.blogspot.com

Anonimo ha detto...

.....TRéSHISTOIR!!!!
BELL LUCY ME'.......
A STASERA!!!!

cavese doc ha detto...

Grande articolo, da brividi,complimenti alla friday girl, big mentality.

Anonimo ha detto...

Donna Luci',e vuje mi aveto fatto sognare.....!
La ricostruzione storico-letteraria e' nu babba' !
Che dire? Mo' imma sulo invade il borgo dei pescatori...
FRIDAY NIGHT CAVESE 1919- sez. "LA FIDELISSIMA CIVITATE DE LA CAVA"